Dal latte alla burrata il prezzo aumenta del 220%: la crisi degli allevatori

E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in riferimento alle inaccettabili pressioni al ribasso del prezzo del latte alla stalla e lo stato di crisi degli allevatori con forti tensioni

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E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in riferimento alle inaccettabili pressioni al ribasso del prezzo del latte alla stalla e lo stato di crisi degli allevatori con forti tensioni che mettono a rischio tutto il sistema degli allevamenti in Puglia in un momento in cui con la pandemia Covid è necessario continuare a garantire le forniture alimentari alle famiglie.

Dal latte alla burrata il prezzo aumenta del 220%, mentre dal latte alla mozzarella del 167%, quando per fare un chilo di mozzarelle – insiste Coldiretti Puglia – servono 8 litri di latte con un costo di produzione di euro 3,2 euro al chilo di mozzarelle venduto al banco ad 8,5 euro al chilo, mentre i costi di produzione per fare un chilo di burrate è pari a 5,5 euro, prodotto molto richiesto e venduto al consumo a 16 euro al chilo.

Con il via libera al decreto sulle pratiche sleali, con il superamento dell’Antitrust, è stato individuato l’ICQRF quale autorità nazionale di contrasto – specifica Coldiretti Puglia – per l’accertamento delle violazioni delle pratiche commerciali sleali e per la vigilanza sull’applicazione dell’articolo 62 con l’irrogazione delle relative sanzioni.

Peraltro i prezzi al consumo – continua Coldiretti Puglia – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del latte, che sono spesso al di sotto dei costi di produzione, con gli allevatori messi sotto pressione da prezzi troppo bassi a fronte del rincaro delle materie prime e dei foraggi, dal mais alla soia, a causa delle tensioni generate dalla pandemia.

L’analisi dei costi di produzione di 1 litro di latte alla stalla, secondo l’elaborazione di Coldiretti Puglia, indica che la voce ‘alimentazione degli animali’ assorbe 0,30 euro, la voce ‘manodopera’ 0,087 euro e 0,067 euro per spese generali come gasolio, bollette, manutenzioni per un totale di 0,45 euro al litro, mentre i prezzi riconosciuti agli allevatori sono spesso al di sotto dei 0,40 euro al litro alla stalla.

Coldiretti Puglia ha già denunciato lo stato di crisi degli allevatori in una lettera al Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, all’Assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia e ai Prefetti di Bari e Taranto, Antonia Bellomo e Martino Demetrio.

Una adeguata remunerazione del lavoro degli allevatori – aggiunge Coldiretti Puglia – è condizione imprescindibile per mettere al sicuro tutta la filiera e continuare a garantire ai consumatori prodotti sicuri e di qualità che sostengono l’economia, il lavoro e il territorio pugliese, con l’allarme globale provocato dal Covid che ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma anche le fragilità delle filiere agroalimentari sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare nuovi posti di lavoro.

A pesare nelle stalle inoltre – sottolinea la Coldiretti Puglia – sono gli effetti di fenomeni estremi come la siccità e l’afa con il forte aumento dei costi di produzione a partire da quelli energetici e per l’alimentazione degli animali nelle stalle con il mais che registra +50%, la soia +80% e le farine di soia +35% rispetto allo scorso anno.

Occorre intervenire urgentemente per salvare la “Fattoria Puglia”, dove sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà in Puglia – conclude Coldiretti Puglia – appena 1.400 stalle per la produzione di latte, decisivo presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali a causa principalmente del prezzo del latte spesso non remunerativo, dovuto non solo alla crisi, ma anche e soprattutto alle evidenti anomalie di mercato con i prezzi alla stalla che subiscono inaccettabili ‘fluttuazioni’ e agli alti costi di gestione degli allevamenti.

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